lunedì 20 agosto 2012

Bologna, alla aicerca del Dottor Balanzon

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Bologna, alla ricerca del Dottor Balanzon

 
 A Matteo Riva, affettuosamente detto Monty e a Rocco Clemente Andrea Lucariello, i miei compagni di viaggio.
La prima cosa che ho notato di Bologna e della sua gente è che questa è una città stanca, stremata, che non ce la fa più; magari sarà il caldo di fine luglio e l’inizio delle ferie, ma questa sensazione lìho letta chiaramente sui volti degli anziani, dei vecchi, che ne sanno di cose, sanno come funziona, o funzionava, la loro città.
            La stessa sensazione la percepisco camminando lungo i vecchi portici, solitari, tappezzati di insegne arabe e orientali e che non paiono essere molto curati dai residenti. Forse perché acuni di questi palazzi, sorretti dalle innumerevoli colonne, sono vuoti.
            Ma nonostante questa desolazione trovo un fervente interesse per la nuova tecnologia che avanza tra le mani di tutti noi, forse grazie al desing accattivante cui si accompagnia.
            Ma non è questo l’importante. L’importante è che ci siano ancora dei restauratori.

La sera nella piazza del Nettuno di Gianbologna si incontrano varie umanità, e ognuna di esse ha il suo tempo di permanenza in questo spazio, spesso quello di una sigaretta o di un pasto consumato velocemente su gradini dei palazzi o di uno spettacolo di artisti di strada; non è molto, sarà perché il vento caldo delle sere d’estate solleva fastidiosi schizzi d’acqua dalle bocche della Fontana che colpiscono il viso, il collo e la pelle calda e scoperta che ancora si brunisce al sole.

Molti “tipi” si ritrovano qui, in questo straordinario luogo di incontri che è la piazza, molti di strane umane umanità, quelle che si tengono un poco ai margini, in nome delle convenzioni sociali o di una personale scelta di costume.

Ma che cosa vuol dire ai margini? È difficile da spiegare: non ai margini delle attività sociali, anzi, questi tipi ne fanno parte pienamente, è più una marginalità di relazioni, è come se tra gli appartenenti a queste strane umanità e la gente cosìddetta normale (poiché il concetto di ‘normale’ è molto vago e privo di argomentazioni valide viene qui inteso nell’accezione di ‘tipico’ del posto) ci fosse una distanza silenziosa e priva di odore, come se i primi non fossero compaibili con i secondi e da nessuna delle due parti ci fosse una volontà di avvicinamento.

La logica dell’immagine irrompe nella storia e condiziona scelte, coscienze e idee. Bologna è l’immagine di una strana umanità o un contenitore nella cui ombra questa trova nascondiglio.

Bologna la rossa, una delle capitali del pensiero libero, secondo la legge, attira a sé innumerevoli soggetti, molti dei quali studenti o presunti tali, che nel suo centro, tra le colonne dei portici, professano la propria libertà, o almeno così credono, poichè assumere le sembianze, l’immagine totale, dell’archetipo di un ideale significa anche esserne schiavi e arrecare più danno all’idea che si vuole realizzare che non valorizzarla.

Le leggi, si sa, sono fatte per favorire una convivenza civile dalla quale nessuno sia escluso a priori; sono i regimi totalitari che con le loro ideologie le infrangono per meglio imporsi, a cominciare dalla libertà di pensiero. Voglio essere più chiaro: insozzare spazi e passaggi pubblici non è segno di libertà, civiltà e intelligenza, ma solo mancanza di rispetto e mala educazione; questo atteggiamento di estrema libertà denota una totale perdita della memoria e del rispetto nei suoi confronti, ma a favore di che cosa?

C’è molta storia a Bologna, come in tutta l’Italia, lo si vede non solo passeggiando lungo i portici e nelle piazza, ma anche nei musei, che da quello archeologico dell’Archiginnasio al Mambo di arte moderna testimoniano una produzione artistica e culturale ricca e variegata di grande interesse.

Ma chi era il Balanzone?

“Il titolo conta poco quando si recita a soggetto: contano invece il brio e la capacità degli attori di improvvisare situazioni intorno a maschere dal carattere ben definito. Il dottor Balanzon (detto anche Spacca Strummulo, Francoli, Bombarda e Scatolon, Dottor Lembron ch’an guaress icion) è un cialtrone che non fa parlare chi seco parla, sentenzia sempre a sproposito, crede di essere filosofo, scenziato, medico, astronomo ed avvocato e di tutto parla e vanera. La maschera (XVI° secolo) vuol canzonare quei dotti che dotti non sono, quei falsi sapienti che appestavano l’aria con tutta la loro sapienza”. Da “Le Cento Città” edito da

Passando tra gli antichi palazzi delle vie del centro si percepisce la presenza della storia e il suo scorrere di cui sono intrisi i rossi mattoni della facciate - quante storie potrebbero raccontare quelle pietre se potessero parlare - tanto che bisogna fare attenzione ai fantasmi della notte quando si osserva la città nei suoi antichi riflessi.

Girovagando per la città, sentendo un po’ la fatica, ci si siede su di un muretto per fumare una sigaretta o un toscanello e può capitare, in queste ignare pause, che taluni personaggi tengano con il fortunato fumatore una lezione di storia, di diritto o di qualsiasi altra cosa sia oggetto di studio e interesse del libero pensiero. Non è dato sapere quanto autorevoli siano questi loquaci e attenti personaggi, né quali titoli di studio psseggano né se siano sotto l’effetto di una qualche sostanza psicotropa. Comunque sia ascoltare l’opinione d’altri e confrontarla con la propria può solo far bene, è così infatti che si nutre il pensiero.

Sotto portici, tra i campanelli e le porte delle case, compaiono di tanto in tanto delle grandi portoni in legno con accanto una targa recitante “Chiesa di san …”, dove, al loro interno, trovano riparo i matti dei portici. Incredibile come l’immagine dell’infinito percorso tutto fatto di incroci e salti, creato dal fluire dei portici, rispecchi così bene al matto vagabondare alla ricerca della verità, in un brillante caos interiore che avvicina questi esseri al cielo più di tutti quanti noi.

Questa è un cosa che insegna Bologna: la vita è fatta di amore dato e ricevuto e di soffernza anch’essa data e ricevuta, e l’accesso ad un mondo più alto di questo, sul quale poggiamo i piedi, è rso possibile alla somma di questi quattro addendi. I matti sono già a metà strada: essi ricevono grandi sofferenze e sono capaci di provare grande amore.

Ecco a voi il dottor Balanzon.

Re Daniele 16-08-2012