giovedì 30 agosto 2012

Mandello station


*ATTENZIONE: il presente articolo e le foto correlate possono essere utilizzati solo per fini didattici  e informativi ed è consentita la pubblicazione con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www. rephotowriter.blogspot.it /), si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)

Mandello station

La fotocamera, in quanto creatrice di immagini, è in grado di generare miti, cioè può mitizzare ciò che riquadra.

Il mito è un procedimento complesso, come insegna Roland Barths nel testo Miti di Oggi, ed è composto da un doppio sistema dialettico dove segni, simboli e significati del fatto che accade davanti agli occhi si sintetizzano tra loro originano il mito, cioè il termine o la definizione o il nome della cosa che si ha di fronte.

È affascinante il potere dell’oggetto fotocamera e fotografia, se poi le si paragona alla letteratura e alla sua capacità di generare miti grazie a epiche immagini mentali, la fotografia offre un qualcosa in più, un oggetto reale su cui investire il proprio sguardo; va ricordato che l’attribuzione di senso e significato dipende dalle conoscenze e dal sentimento, sia in fotografia (come in tutte le espressioni visuali) sia in letteratura, quindi le opinioni generate dall’osservazione sono soggettive.

Allora ciò che si sceglie di raccontare, per quanto semplice o di poco conto possa essere, può trovare una forma che ne acuisca il senso e il significato se tende al mito, cioè portando verso la sintesi più asciutta della comunicazione il proprio lavoro in modo che dica con il minor numero di termini (il mito è il nome della cosa o del fenomeno) ciò che mette davanti agli occhi dell’osservatore/lettore.

Questo è importante, è la contraddizione che caratterizza (per quanto ne sappia io) la comunicazione attraverso l’immagine, cioè quella che scontra la volontà del creatore di comunicare secondo i propri sentimenti e le proprie conoscenze (quindi tramite un sapere soggettivo) un qualcosa che viene interpretato dal ricevente in base ai propri sentimenti e alle proprie conoscenze (altro sapere soggettivo, per quanto universale possa essere).

È complicato, ma è così, è lo sforzo intelligente della comunicazione, la coerenza e la sintesi.

In questo concetto rientra questa serie di fotografie, scattate in un  periodo di quarantacinque minuti circa alla stazione ferroviaria di Mandello del Lario mentre ero in attesa di una persona.

-Io non sono né un illuminato né un arrivato, anzi sono tutt’altro: uno studente con le pezze al culo ma sono anche un essere pensante (il pensiero non è una scienza, ma si basa su conoscenze e pensiero soggettivi),  quindi invito l’eventuale lettore a prendere con le pinze ciò che scrivo, poiché è frutto della mia esperienza peronale-

Questo lavoro si inserisce in una ricerca teorica e di significato, con evidenti fini pratici (la serie di fotografie), che acuisca il senso dell’osservazione, del capire e interpretare la situazione che ci si trova ad affrontare; questo è solo il primo passo.

Come soggetto una stazione può non essere interessante, ma ha un valore, un suo significato e una sua ragion d’essere solo per il fatto che delle persone passano per di lì o lì aspettano.

“Per me la fotografia migliore è quella in cui ciò che più ti interessa, a livello subliminale, è in qualche modo quel che fotografi. La cosa più importante è cercare di essere in sintonia con le proprie emozioni”. Peter Marlow, Magnum Photos.

Re Daniele 22-08-12