Gli elementi racchiusi tra «» sono
citazioni prese direttamente dal libro “Il Primo Libro di Fotografia” di David
Bate.
Qui vengono riportati estratti dei primi
due capitoli e dell’ultimo; questo breve riassunto serve a dare un’idea di quel
che sta dietro ad una pratica cosi diffusa e apparentemente semplice.
Introduzione:
«Particolari caratteristiche e
combinazioni di elementi (personaggi, illuminzione specifica, colori, immagine,
ecc.) vengono usate per aiutare lo spettatore a comprendere di che tipo di genere si tratti. Se questa
affermazione può sembrare un po’ laboriosa, è perché tendiamo a “leggere” ogni
cosa in modo cosi automatico che pensarci è quasi penoso».
«Ogni genere crea un’attesa per i tipi
particolari di interpretazione. Che poi la fotografia gratifichi qull’attesa è
un altro paio di maniche».
«I generi sono percorsi che evolvono e si sviluppano o
si trasformano in ibridi», ad esempio «il “documento” è quasi certamente
un’invenzione della fotografia».
«L’arte, anche attraverso la fotografia,
è mutata nel suo modo di guardare a ciò cui gli artisti-fotografi sono
interessati in quanto loro soggetto».
Questo test è una breve introduzione
alla teoria della fotografia attuata attraverso l’analisi dei divesri generi e
della loro evoluzione nella storia.
Storia:
«“Con i suoi utensili l’uomo perfeziona i
propri organi – quelli di moto al pari di quelli di senso – o rimuove gli
ostacoli che ne limitano l’azione. I motori gli mettono a disposizione forze
enormi che, al pari dei suoi muscoli, può utilizzare in qualsiasi direzione; la
nave e l’aereo fanno sì che né l’acqua
né l’aria possano ostacolare i suoi movimenti. Grazie agli occhiali corregge i
difetti della lente che c’è nel suo occhio, con il cannocchiale vede in
lontananza, con il microscopio supera i confini che la struttura della sua
retina pone alla visibilità. Con la macchina fotografica ha creato uno strumento che fissa le impressioni
fuggevoli della vista, mentre il disco fonografico svolge lo stesso ruolo per
quelle altrettanto transitorie dell’udito: in entrambi i casi si tratta in
fondo di materializzazioni della facoltà a lui propria di ricordare, quindi
della memoria.” Sigmund
Freud.
Dunque la fotografia ha cambiato il modo
in cui si raccolgono e ricordano le esperienze; il problema fondamentale però è
identificare la narrazione, il che dipende da quale domanda ci si pone
all’inizio dell’analisi storica: «Le fotografie e i fotografi sono astratti da
tutto fatta eccezione per il loro immediato background, e vengono giudicati in
base al gusto estetico (buono, o
magari cattivo)».
Questa affermazione deve far riflettere
sulla genesi del lavoro fotografico e sulle sue motivazioni: esso viene
influenzato da tutta una serie di cause, conoscenze ed esperienze del
fotografo. Capire questo significa identificare un primo problema nella
decifrazione della fotografia: le persone sono diverse e hanno sensibilità
diverse di fronte alla realtà, che è la stessa per tutti, ma di cui ognuno ha
la sua visione.
«Gli individui esistono comunque nella
storia. Esistono nel tempo in cui vivono».
«“Gli
uomini fanno parte della storia, ma non lo fanno in modo arbitrario, in
circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano
immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione”. Karl
Marx».
L’uomo agendo prende una posizione nei
confronti degli eventi storici di cui è testimone e che lasciano in lui una
traccia della loro esistenza.
Cosa c’entra questo discorso sull’agire
dell’uomo con la fotografia? Questo serve a mettere in chiaro che l’uomo
possiede per sua natura una propria volontà, la quale giustifica il suo agire ed
è da questa volontà che parte l’analisi teorica della fotografia, in quanto il fotografare
è soggetto alla volontà di chi compie questo atto ed è una dichiarazione e una
presa di posizione di fronte a ciò che si vede.
Fotografia come Discorso:
«“La
fotografia in quanto tale non possiede identità”, afferma John Tagg facendo
suo il concetto semiotico secondo il quale il significante fotografico (la
foto) ha un significato (senso) solo all’interno dei discorsi portatori di
significato che lo impiegano» (cioè l’utilizzo della fotografia come illustrazione).
«Quindi la storia consiste nel discutere
le relazioni delle fotografie con i discorsi che le hanno utilizzate»; la
fotografia diviene un oggetto della storia, che porta con sé un significato «a
proposito del quale noi dovremmo porci delle domande circa le condizioni della»
sua «produzione», perché «le fotografie codificano “significati” e noi dobbiamo
chiederci qual è il valore di questa rappresentazione».
Come dimostrato da Roland Barthes la
lettura di una fotografia (lo studium) è sempre condizionata dalla propria
cultura, dalla propria ed esperienza; il ché significa che per ogni fotografia
non c’è una data interpretazione, il significato non è mai completamente noto
poiché deriva da diversi sistemi di segni che appartengono a individui diversi,
cioè l’intenzione dell’operatore che ha scattatto la foto e il sentimento di
chi la sta osservando.
In quest’ottica «abbiamo bisogno di
conoscere le circostanze di una
fotografia sia per una storia della fotografia sia per l’uso delle fotografie
come storia».
Teoria della Fotografia:
«Non esiste un modo che non sia teorico
di vedere la fotografia.
Ciò che chiamiamo tecnica è in realtà teoria messa in pratica: la conoscenza di come
e quali significati possono essere ottenuti con un’attrezzatura fotografica.
La teoria della fotografia consiste nel
metodo o nei mezzi necessari a una comprensione sistematica del suo oggetto.
Di che tipo di teoria necessita la
fotografia? In altre parole, quali problemi
solleva la fotografia?».
Bate riconosce tre fasi dell’evoluzione
del pensiero legato alla fotografia e quindi tre diverse fasi dell’evoluzione
della teoria: l’estetica vittoriana; la riproduzione di massa degli anni Venti
e Trenta del XX secolo; gli anni Sessanta e Settanta della democratizzazione e
ampliamento dell’arte e dei fenomeni culturali.
«I governi sanno benissimo quanto potenti
possano essere le immagini fotografiche, nel loro controllo delle immagini
pubblicitarie.
Sebbene molti di noi incontrino
probabilmente decine di immagini fotografiche praticamente ogni giorno, è
facile dimenticare l’impatto che hanno su di noi.
L’analisi critica di simili immagini può
aiutarci a svelare qualcosa circa il modo in cui vediamo noi stessi (e il modo
in cui non vediamo noi stessi), la
nostra ideologia, la conoscenza pratica alla quale attingiamo per vivere: i
nostri valori e ciò in cui crediamo».
Teoria della Rappresentazione:
«Il filosofo francese Louis Althusser
sosteneva che l’ideologia viene trasmessa innanzitutto attraverso “immagini, miti, idee o concetti”, in
modi a cui non prestiamo attenzione.
L’ideologia è riprodotta attraverso i modi in cui una società si rappresenta di
fronte a se stessa – ciò che la gente sostiene essere il “senso comune”».
Il primo teorico che sviluppò una forma
di pensiero e di analisi della fotografia la più completa, precisa e che fosse
in grado di arrivare al cuore della sua significazione fu Roland Barthes grazie
alla semiotica.
Semiotica:
La semiotica è un metodo di analisi che
deriva dalla semiologia, l’analisi del linguaggio col fine di scoprire la
grammatica delle forme di comunicazione e del linguaggio stesso; questo metodo
ha portato Barthes ha scrivere molti testi nei quali analizza diversi sistemi
di significazione presenti nella società di massa (Miti di Oggi), oltre alla
sua attività di critico letterario.
La
Camera Chiara
(scritto alla fine della sua vita, 1979) è un distacco di Barthes dalle sue
idee precedenti in quanto il punto di partenza del suo pensiero è la
fenomenologia che guida la fotografia (piuttosto che la semiotica); comunque
sia egli non può prescindere dalla sua teoria che ha verificato per anni, così l’analisi
dei segni trova spazio anche in questo testo.
La semiotica è lo studio del sistema dei
segni: Barthes sostiene che sistemi come il cibo, i mobili, la moda, la
pubblicità e altri che si possano trattare come dei linguaggi. «Il progetto» di
Barthes «aveva lo scopo di identificare le regole fondamentali in grado di
attivare una pratica (parole), così come le regole
degli scacchi permettono ai giocatori di dar vita a una partita.
[…]
Ferdinand de Saussure, affermò che il
linguaggio è un sistema organizzato di segni che noi facciamo funzionare in
modo che esso sia in grado di rappresentarci nella cultura umana. Nessuno di
noi “possiede” un linguaggio, tutti noi ne facciamo uso».
Saussare afferma che ogni segno o
elemento che compone il linguaggio acquista senso e significato dalla sua
differenza rispetto agli altri (ovvero per contrasto), non dall’oggetto che
nomina.
Il Segno
linguistico è formato dalla somma del Significante col Significato.
«Il significante
è l’aspetto materiale del segno: un’immagine, una parola scritta, un suono
articolato. Il significato è
l’immagine mentale a cui si fa riferimento, l’idea o concetto».
Saussare isolò l’operazione intelligente
che il linguaggio attua per “fissare” la realtà; egli capì che il modo in cui
utilizziamo il linguaggio “naturalizza” la nostra relazione con gli oggetti
della realtà.
«Il linguaggio non è un riflesso passivo
del “mondo vero”; è il modo in cui noi giungiamo a rappresentarlo e a vederlo
come “realtà”».
Pertanto il modo in cui si attribuisce
senso ad una fotografia, quello che si scopre al suo interno mediante l’osservazione,
dipende dal sistema di riferimento che possiede chi la osserva, poiché il
linguaggio è una continua concatenazione di significati che porta ad una
conoscenza più ampia.
Codici Fotografici:
«I codici che ci sono familiari
permettono la trasmissione dei messaggi, che chi osserva “legge” in modo tale
da generare senso».
Ora Bate passa ad elencare i vari codici
che vengono utilizzati nella lettura e comunicazione delle immagini
fotografiche.
I codici fotografici sono quelli che
portano maggiori variabili alla lettura dell’immagine: ad esempio «il volto è
una delle più complesse unità di significazione del linguaggio del corpo».
L’illuminazione è a sua volta ugualmente
codificata: la direzione, il tipo di luce e la relazione che ha con il soggetto,
hanno un proprio significato in relazione agli altri elementi dell’immagine.
In fotografia l’illuminazione
contribuisce alla comunicazione dei codici, secondo Bate questi codici sono
tonali, iconici, del gusto e retorici.
La Retorica:
«E’ la retorica a esser stata più
sviluppata all’interno di una semiotica della fotografia, senza dubbio perché
la retorica è la disciplina che può aiutare a fornire una sintesi dei modi in cui
tutti i fotografi organizzano i loro discorsi».
Retorica:
Arte e tecnica del parlare e scrivere con efficacia persuasiva, secondo
sistemi di regole espressive varie a seconda delle epoche e delle culture.
Modo di scrivere o di parlare pieno di effetti esteriori e di ampollosità, ma
privo di autentico impegno intellettuale e di contenuto effettivo. Insistenza
formale e superficiale in gesti, forme di vita, esaltazione di valori. Vocabolario
della lingua italiana Zanichelli.
In questo senso la retorica è fondamentale
per la costruzione del senso delle immagini.
Come sosteneva Victor Burgin il senso di
ciò che vediamo e recepiamo deriva dalla “nostra conoscenza comune della tipica
rappresentazione di fatti sociali e valori prevalenti”.
Questo significa che ciò che leggiamo in
una fotografia deriva dalla nostra cultura di appartenenza a cui si sommano le
esperienze personali, come lo studio, l’esperienza o la fruizione di altre
immagini creano un sistema di riferimento visivo e codificato che abitualmente
su utilizza per osservare e comprendere l’ambiente circostante.
Il “Linguaggio” della Fotografia:
Il linguaggio della fotografia, secondo
Andrè Bazin, serve “alla creazione di un
universo ideale a immagine del reale e dotato di un destino temporale autonomo”.
«Se prestiamo attenzione alla differenza tra la fotografia e l’oggetto
realmente rappresentato, possiamo iniziare a evidenziare ciò che la fotografia
arreca allo spettatore.
Mentre il realismo abbraccia l’idea che
il significante» (la fotografia, il soggetto che essa rappresenta) «sia uguale
al significato» (la “realtà”), «la semiotica prende avvio dalla differenza fra
i due. Si può dire che nel realismo il significante è sparito all’interno del significato, di modo che noi vediamo solo
l’oggetto».
Col realismo la nostra possibilità di
azione è limitata al solo guardare e riconoscere il soggetto della foto, non ci
è consentito leggerlo e interpretarlo; la semiotica ci da questa possibilità.
Punti di Vista:
Ora questi segni e codici dei linguaggi
presenti all’interno immagine devono essere letti e analizzati; a differenza
del linguaggio parlato o scritto i codici della fotografia non sono vincolati
al tempo o all’ordine in cui vengono letti, essi ci arrivano simultaneamente;
sarà la nostra cultura a riconoscere alcuni elementi significanti
(nell’immagine) e significativi (per noi) e a far partire l’analisi.
Connotazioni – Il Significato Culturale:
«Ogni elemento retorico presente nella
foto contribuisce a modo suo all’espressione del significato. La mia identificazione con la scena può
portarmi a dimenticare che sto guardando una
fotografia e che quella scena deve aver avuto luogo, è esistita veramente,
perché è reale nella mia mente. Eppure, che prove ho di questo? Riflettendoci,
la fotografia ha poco in comune con quello che mostra.
Di fatto ciò che vediamo ci dice poco
rispetto alla realtà.
C’è qualcosa nella fotografia che
fornisca delle prove in un senso o nell’altro? Si potrà mai conoscere la
verità?
Una fotografia media il significato, il realismo è differente dalla realtà».
Realismo e Realtà:
«La realtà è ciò che crediamo esista,
mentre il “realismo” è il modo di rappresentazione che sostiene questa realtà.
Il realismo di un’immagine corrisponde a
un preconcetto di realtà. Il punto è che solitamente ogni immagine viene
testata rispetto a supposizioni e conoscenze preesistenti rispetto al mondo. La
lettura di ogni fotografia coinvolge già la valutazione di quanto la foto sia
credibile o plausibile.
La misura in cui una fotografia
corrisponde a preesistenti concezioni della realtà ha in parte a che fare con
quanto essa corrisponda a preesistenti credenze rispetto alla “realtà”. Le
fotografie sono valutate e testate a
confronto con queste credenze fin dall’atto della percezione, rispetto a come
io già vedo il mondo. Il mondo è così
perché è così che appare. Ma può apparire diverso e ciò dipende da come viene fotografato.
In un certo senso, uno dei concetti
involontari della fotografia – il suo inconscio – è che il fotografo fornisce
anche un punto di vista “privilegiato” (una realtà non mediata).
Che lo spettatore senta di poter
condividere questo privilegio, il punto di vista di ciò che viene visto, è uno
degli aspetti miracolosi della fotografia.
Questa rimane una delle caratteristiche
ideologiche centrali della fotografia – il senso di veracità che rivendica e
organizza. Perciò è importante ricordare che c’è una differenza implicata nelle fotografie. Ciò che il realista dà per
scontato come “realtà”, la semiotica
sostiene sia costruito attraverso un discorso fotografico, di codici.
Tuttavia, questo non è un procedimento
statico. I significati non sono “immobili”».
Poststrutturalismo:
«Quello che Roland Barthes chiamò senso
“ottuso” può contare in fotografia tanto quanto il senso “ovvio”. E’ a questo
aspetto di non – senso e di motivazione umana nello sguardo, nel desiderio e
nelle pulsioni, che si è generalmente rivolto il poststrutturalismo.
Il semiotico visuale deve diventare
anche psicologico: nel bagaglio degli strumenti teorici sono necessarie anche
le “motivazioni” e la realtà della psiche umana».
Fotografia Globale:
Nell’ ultima
parte, intitolata Fotografia Globale, Bate da una visione del fenomeno della
fotografia nell’ambito della globalizzazione e di come essa possa o no essere
intesa globalmente in quanto portatrice di messaggi suscettibili di
interpretazioni differenti. Questa fotografia mondiale perde in parte la
dimensione temporale (es. cronaca) per acquistarne una spaziale di maggiore
importanza, ora il suo spazio è il mondo globalizzato e digitalizzato. Questo
modo di intendere l’immagine fotografica è un fenomeno nuovo nel corso della storia
e produce effetti diversi da quelli connessi all’immagine analogica, quindi ha
bisogno di nuove analisi e metodi di lettura.
Ciò che non
cambia è il modo in cui viene rappresentato il soggetto, il quale deriva dal
sistema culturale di riferimento; quest’ultimo è “dato dall’alto” (cioè dalla
diffusione di immagini tramite giornali e web) ed assimilato dalla società di
massa, il che è direttamente collegato alla globalizzazione, in quanto permette
una maggiore diffusione e possibilità di fruizione delle immagini; la
fotografia globalizzata e digitalizzata diviene indicatore dei cambiamenti “impressi alla forma delle strutture del
potere del mondo”.(David Bate)