sabato 19 gennaio 2013

Africami: ntervista a Rania Ibrahim


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Africami: ntervista a Rania Ibrahim

Rania Ibrahim  2012
Rania arriva in Italia nel 1978 all’età di due anni, dove il padre lavora già dal 1971.
Cresce a Milano dove frequenta l’asilo, le scuole elementari, medie, liceo linguistico e università, dove si laurea in Scenze Politiche e frequenta un master in marketing.
Per tutto il periodo degli studi vive in una casa di ringhiera sui navigli, vicino a corso San Gottardo, “Le case di ringhiera sono una cosa che mi manca molto, era tutta una grande famiglia; non esistevano le porte blindate, c’erano quelle di vetro e si faceva vita di corte, si cresceva tutti insieme; mi piacerebbe che anche i miei figli facessero un’esperienza come quella”.
Lavora inizialmente nel settore delle pubbliche relazioni in alcune aziende del milanese; in seguito alla decisione di diventare mamma smette di lavorare per le aziende e si dedica al giornalismo, alla scrittura e al raccontare storie per il giornale della periferia sud est di Milano.
Ora scrive per il blog di Yalla Italia, giornale on-line che affronta tematiche di interesse per gli immigrati e per il blog La Città Nuova del Corriere della Sera, anch’esso trattante tematiche relative agli immigrati, affrontate in maniera più sociologica rispetto a Yalla Italia.
L’approccio de La Città Nuova è quello di “vedere Milano non più come la città dei milanesi autoctoni, ma anche dei milanesi stranieri”, nel tentativo di creare un tavolo di discussione sugli immigrati di seconda generazione, mentre quello di Yalla Italia riguarda più la vita di tutti i giorni, affrontando le problematiche e le questioni che emergono dal vivere quotidiano, “come il bambino mussulmano che vuole mangiare il panino col prosciutto, io ho provato a scrivere ricette alternative alla carbonara quando la maestra di mio figlio mi ha detto che scambiava il suo piatto con quello del compagno per provare il prosciutto” […] “Quello che io scrivo parte tutto da vicende personali, io prendo ispirazione dai miei figli” […] “una volta mio figlio era tornato a casa dicendo che voleva andare a fare karatechismo con i suoi compagni, credendo che in oratorio il don insegnasse una disciplina di arti marziali, cosi ho scritto un articolo” […] “Posso dire di essermi cucita addosso il mio mestiere”, “mi piace scrivere e raccontare storie”, “dico sempre che il lavoro è come un abito, un tubino nero al quale noi possiamo aggiungere gli accessori, un tacco dodici o le sneakers.


“Il rumore del 15 sotto casa è una cosa che mi manca tanto, ma è meglio per i bambini, Milano non è un posto per loro”.
Il Cairo è la sua città natale, ma vi ha vissuto qui solo i suoi primi due anni di vita; ora la vive come la città della vacanza e dei parenti.
“Non si può fare un paragone tra Il Cairo e Milano; Il Cairo è una città di diciassette milioni di persone e veramente si passa dalla città dei ricchi, come Garden City, dove ci vuole il pass per entrare dappertutto, alla città dei morti, dove senti odori che ti fanno star male. Milano io l’ho sempre vista molto tirata, molto da aperitivo, molto di fretta. Il concetto di tempo è diverso: in Egitto se uno ti dice alle sei poi arriva alle sette, mentre qui se dici alle sei io arrivo a cinque alle sei” […] “Ma i problemi delle donne sono tutti uguali, ché ti credi, anche loro fanno la prova costume,[…] ioscrivo dei problemi della quotidianità che mi vengono suggeriti anche dalle altre mamme che incontro al parco”.
Alla domanda se si sente più egiziana o più italiana risponde che “tutte le volte che mi fanno questa domanda vorrei strozzarli, è come chiedere a un bambino se preferisce la mamma o il papà, io non mi sento né l’un né l’altra, ecco, non sono né carne né pesce, sono un tofu, un fungo; ho anche scritto un articolo intitolato ‘La fungo generation’”.
Rania dice di sentirsi molto araba ed essere legata alle sue origini egiziane e mussulmane: “prego, ho la casa piena di cose che mi ricordano l’Egitto, l’Egitto è in casa mia, casa mia è l’Egitto raccontato”.

Re Daniele 07-05-2012